"Si fa presto a dire amare"
Il celebre psichiatra: “Non ho scritto un libro sull’amore in sé, ma su come educare le nuove generazioni ad esso, in una società che sempre più insegna intrinsecamente il disimpegno sentimentale”
La sala grande della biblioteca di Corviale, già un’ora prima del suo previsto arrivo, era gremita in ogni posto; Paolo Crepet, il noto psichiatra e scrittore, si è presentato con una puntualità svizzera, concedendosi da subito alle numerose domande delle scolaresche presenti e degli adulti interessati ad ascoltare i temi della sua ultima fatica editoriale intitolata “Sull’amore”.
Un libro che parla di innamoramento, gelosia, eros, abbandono, di cosa significhino questi sentimenti e di quanto sia difficile riconoscerne l’importanza nella società di oggi.
Senza quasi rendercene conto, “siamo diventati degli ‘analfabeti affettivi’, dalle vite emotivamente superficiali”.
Sul libro
“Questo - ha esordito l’autore - non è un libro che tratta d’amore in sé, ma su come educare i giovani ad esso, a maggior ragione in una società come quella che viviamo, dove si insegna esclusivamente il disimpegno sentimentale”.
Sull’eros
“L’eros non significa indossare un abito firmato o un paio di slip provocanti; l’eros è soprattutto non essere ripetitivi nella vita, variare le situazioni di vita reale in modo da non cadere nella monotonia”.
SuI GIOVANI
“I giovani sono quelli nelle condizioni migliori per rovesciare questo stato di monotonia. Quello che mi spaventa di un ragazzino è che sia conservatore come un anziano; quando si è giovani bisogna essere rivoluzionari, cambiare e sentire la necessità di modificare le cose che non funzionano; se un ragazzo a diciotto anni accetta tutto ciò che c’è, così come viene, è malinconico”.
Sull’amore virtuale
“Non è un amore negativo, come molti credono, perché permette comunque di esprimersi con un interlocutore, pur immedesimandosi in quello che non si è. Nella realtà è spesso la mancanza di comunicazione a determinare la fine di un rapporto coppia”.
Sulle coppie di fatto
“A chi mi chiede se un’eventuale bocciatura della legge sui ‘dico’ è paragonabile a ciò che sarebbe potuto accadere trent’anni fa se non fosse passato il referendum sull’aborto, rispondo che oggi siamo maggiormente tutelati da leggi già in vigore; allora, saremmo tornati indietro di due secoli”.
Sulla conflittualità
“La conflittualità tra due persone è fatta soprattutto di un accumulo di piccolezze e può essere costruttiva o distruttiva: nel primo caso ci può essere un ritorno all’amore, nel secondo, sono soprattutto le parole a pesare come macigni e a provocare una lenta, inesorabile rottura”.
Sull’abbandono
“Sessant’anni fa non ci si lasciava, perché altrimenti si generava una catastrofe familiare. Oggi i tempi sono cambiati, la donna è molto più indipendente e siamo tutti più preparati alla sopportazione di un abbandono”.
Federico Boccadoro
"La Piazza"
del 30 aprile 2007
1 commento:
Interesting to know.
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